La Psicologia Ambientale un nuovo ramo di studio.

Negli anni ’70 in Italia grazie alla figura di Giancarlo De Carlo (Bonaiuto, 2004), nasce un nuovo ramo di studio che prenderà il nome di psicologia ambientale. Nonostante essa sappia ben esaminare l’interrelazione tra ambiente e affettività, cognizione e comportamento (Bechtl, Churchman, 2002; Gifford, 2007; Srokals, Altman, 1987), nel contesto nazionale questa disciplina non è ancora ben costituita. Oltre oceano la psicologia ambientale ed architettonica gode di una sua identità ed armonia, essendo ben inquadrata come strumento dal fondamento empirico e scientifico ben saldo, in Italia, e in generale in Europa, tale processo è ancora in via di sviluppo. Più precisamente sappiamo che la psicologia architettonica va intesa come studio dell’uomo in quanto capace di produrre uno spazio che a sua volta modella e influenza la mente e le relazioni che in esso si instaurano.

Questa disciplina integra la psicologia cognitiva, psicologia della Gestalt, psicologia della comunicazione, psicologia del consumatore, sociologia dei processi comunicativi, sociologia generale, psicologia e sociologia della pubblicità, architettura, storia dell’arte, psicologia dei gruppi sociali, psicologia sociale, medicina, sociologia generale, marketing, psicologia del lavoro e delle organizzazioni, ingegneria, economia, design, pedagogia, ecologia, antropologia culturale e progettazione.

Sappiamo bene che considerare e credere che un determinato luogo/colore/elemento sia capace di determinare e produrre uno specifico comportamento è sicuramente riduttivo. Il comportamento è difficile da predire e da modificare proprio perché il soggetto non è semplicemente una tabula rasa capace di ragionare per associazioni stimolo-stimolo o stimolo-risposta. Le variabili intervenienti capaci di determinare la preferenza per un determinato luogo sono, dunque, l’intelligenza, il carattere, le motivazioni, gli atteggiamenti, le intenzioni, le norme sociali, le aspettative, le credenze, i valori, le opinioni, le emozioni e le percezioni. Non tutti i soggetti reagiscono con una reazione fissa prestabilita in un determinato ambiente, nonostante alcune ricerche siano in grado di dimostrare come determinati luoghi provochino nella maggior parte dei soggetti una certa reazione/performance.

Il contatto con la natura favorisce l’attenzione diretta, considerando che gli ambienti naturali offrono la diretta opportunità di allontanarsi dalla frenesia della quotidianità (Kaplan e Kaplan, 1989). Infatti, attraverso una recente ricerca è emerso che proprio le visite ai parchi favorirebbe, il recupero dello stress nell’87% degli intervistati oltre ad un senso di benessere ed equilibrio nel 40% dei casi (Hansmann et al., 2007), incidendo anche nella riduzione della rabbia e della frustrazione oltre che sull’aggressività (Groeneweggen et al., 2006).

L’intento della psicologia ambientale è quello di ampliare i confini della psicologia allo studio dei comportamenti organizzati per unità temporali ampie e in relazione ad ambienti di larga scala (Russell, Ward, 1982).

Alla fine degli anni Sessanta viene unanimemente accettata la definizione di ambiente socio-fisico intendendo la psicologia ambientale come studio dell’interfaccia tra comportamento umano e ambiente socio-fisico. L’intenzione è quella di estendere il campo di influenza della psicologia ambientale in modo da far diventare le altre scienze sociali ambientali “più ambientali”. Wapner (1987; 1995, Wapner, Denick et al., 2000) attribuisce proprio alla psicologia ambientale la forza di mitigare la frammentazione e disunità lamentati nella psicologia.

“La psicologia ambientale mira a stabilire una relazione empirica e teorica tra comportamento ed esperienza della persona con il proprio ambiente costruito.”

(Ittelson et al., 1974, p.303)

L’Ambiente fisico va considerato, quindi, non in senso molecolare secondo la tradizione della psicologia della percezione, ma seguendo una prospettiva molare o ecologica tipica della psicologia sociale o ecologia psicologica lewiniana tale per cui sia il comportamento che l’ambiente fisico vanno considerati come unità significative a livello soggettivo-personale (Bonnes, Secchiaroli, 1992).

La psicologia ambientale dovrebbe trarre forza dalla sua articolazione interna al fine di entrare di arrivare solo ad una diffusione di identità che porti verso una “de-individuazione” disciplinare.

Il fine principale è quello di approfondire e articolare il dialogo tra rilevanza esterna dei problemi ambientali considerati e la necessità di rilevanze interne della ricerca psicologico-ambientale; la prima spinge verso la molarità e contestualità necessarie per l’approccio psicologico principalmente centrato sui risultati psicologici (Altman, 1988); la seconda richiede una specificità teorica e metodologica richiedendo una specifica attenzione per i processi psicologici ambientali.

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