Esordi della Pet Therapy

La Pet Therapy, intesa come l’utilizzo degli animali nelle normali terapie mediche può essere fatta risalire già al tempo della preistoria. Il gran numero di animali citati nella mitologia provano che l’interazione tra l’uomo e l’animale in realtà non è frutto di nuove scoperte ma che tale rapporto è esistito da sempre.

I primi racconti risalgono al 1792 quando in Inghilterra, presso il York Retreat Hospital, lo psicologo William Tuke, insieme ad alcuni suoi collaboratori, incoraggiò i suoi pazienti malati di mente ad accudire gli animali per potenziarne l’autocontrollo e lo scambio affettivo. Nel 1942 il Pawling Army Air Force Convalescent Hospital utilizzò gli animali da compagnia, ritenendoli efficaci nel modulare positivamente lo stato psichico dei pazienti. Nel 1970 presso l’Ospedale Psichiatrico Infantile del Michigan venne adottato un cane come sostegno psicologico per i bambini ricoverati (Allegrucci & Silvioli, 2007)

La Pet-Therapy nasce in America grazie al neuropsichiatra infantile Boris Levinson, il quale notò che la presenza del proprio cane aveva effetti positivi durante le sedute con i suoi piccoli pazienti. Documentò il modo in cui l’animale da compagnia fungeva da «ponte» tra il professionista e il paziente, favorendo il costituirsi di un’alleanza terapeutica permettendo al paziente la partecipazione attiva al processo terapeutico stesso. L’animale forniva al bambino la possibilità di proiettare il proprio mondo interiore, difficilmente esprimibile, ed era occasione di scambio affettivo e di gioco che rendevano più gradito l’incontro terapeutico (Allegrucci & Silvioli, 2007).

Molti psicologi hanno compiuto osservazioni per verificare l’utilità pratica dell’impiego della Pet-Therapy. In un’indagine condotta negli Stati Uniti, su oltre 400 psicoterapisti la maggior parte di essi ha affermato di avere utilizzato tale approccio, soprattutto con i bambini. Bernard (1989) ha rilevato, su bambini mentalmente ritardati, l’effetto maggiormente stimolante della presenza di un cane rispetto a un giocattolo. Pellettier (1989) ha osservato in bambini affetti da Sindrome di Down che la presenza di un animale familiare potesse determinare uno sviluppo significativo di comportamenti sociali positivi verso l’animale e una diminuzione significativa di comportamenti sociali negativi.

Si è visto, infatti, che l’animale, attraverso il gioco e la comunicazione non verbale, esercita sui bambini difficili, nei momenti più critici dello sviluppo, una funzione sia educativa che terapeutica (Allegrucci & Silvioli, 2007).

L’ ADHD o Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività

L’ADHD non è di natura psicotica, ma allo stesso tempo può essere estremamente invalidante, in quanto rende difficile al bambino svolgere positivamente i suoi momenti educativi e ludico ricreativi, poiché incapace di soffermarsi per un certo periodo di tempo su un dato compito o stimolo. Il bambino affetto da ADHD si presenta come un bambino difficile, incapace di seguire con attenzione uno stimolo, impegnato costantemente in compiti ed attività diverse, facile ad annoiarsi e a stancarsi e presenta una iper- reattività verso gli stimoli ambientali. Questi bambini tendono ad agire in modo diretto ed in modo molto estremo le loro emozioni, mostrando molte volte tratti aggressivi. Essendo iper reattivi agli stimoli provenienti dall’ambiente esterno, essi sono sempre alla ricerca di alti livelli di stimolazioni per garantirsi uno stato di attenzione e interesse sufficiente; tutto questo può portarli, molto spesso, a trovarsi in situazioni di rischio sia fisiologico che psicologico.

Secondo Gabbard (2004), chi soffre di ADHD ha ridotte capacità di autocontrollo poiché non avrebbe interiorizzato l’immagine positiva e rassicurante della madre, proprio a causa del deficit attentivo. Ed è qui che la terapia supportata con un animale risulta essere estremamente importante, in quanto permette di facilitare la ristrutturazione del processo di attaccamento attraverso il contatto fisico, il calore offerto, la presenza di atteggiamenti non giudicanti e le interazioni non verbali percepite come meno invasive di quelle verbali in modo particolare per i bambini autistici. Secondo Del Negro (1998) durante l’interazione con l’animale, il bambino mette in atto frequentemente meccanismi di identificazione (l’animale prova le sue stesse emozioni) e di proiezione (l’animale è visto come estensione del proprio IO).

La ricerca

La ricerca, condotta da Sabrina E.B Shcuck (2005), ha avuto come soggetti sperimentali un gruppo di bambini tra i 7 e i 9 anni, tutti diagnosticati con ADHD. Nessuno di loro aveva mai preso farmaci per il trattamento del loro deficit. I bimbi sono stati poi divisi in due gruppi: un primo gruppo avrebbe ricevuto solo una terapia psicoterapeutica. Per il secondo gruppo, invece, oltre a precisi interventi psicoterapeutici, era prevista anche la Pet Therapy. I risultati sono stati convincenti: il gruppo seguito con la sola psicoterapia mostrava miglioramenti a distanza di 12 settimane, il gruppo che lavorava a contatto con gli animali migliorava nel giro di 8 settimane circa (Sesia M., 2018).

In particolare, i bambini per cui era prevista la Pet Therapy hanno mostrato più miglioramenti in minor tempo: nello specifico si è potuta notare una riduzione della disattenzione e un miglioramento delle abilità sociali. I primi a rendersi conto dei progressi sono stati i genitori stessi. Queste scoperte, perciò, potrebbero portare a una svolta nell’approccio terapeutico per i bambini ADHD, precedentemente concentrato quasi esclusivamente su interventi psicoterapeutici e farmacologici (Sesia M., 2018).

Riferimenti bibliografici

Allegrucci, F., & SILVIOLI, B. (2007). Il mondo sconosciuto della Pet Therapy. www. diregiovani. it.

Bernard, V. L., & Thomas, J. K. (1989). Post-earnings-announcement drift: delayed price response or risk premium?. Journal of Accounting research, 1-36.

Del Negro, E. (1998). Pet therapy: un metodo naturale. Franco Angeli, Milano.

Giusti, S. (2004). Quando il mio terapeuta è un cane, Sovera Editore, Roma.

Schuck, S. E., & Crinella, F. M. (2005). Why children with ADHD do not have low IQs. Journal of learning disabilities, 38(3), 262-280.

Sesia M., Pet therapy: un aiuto per l’iperattività dei bambini, il Superuovo, 2018

http://www.healthdesk.it/medicina/animali-che-curano-pet-therapy-aiuta-battere-ladhd

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About Author

Sono Dott.ssa in Psicologia Clinica. Ho conseguito recentemente la Laurea Magistrale in Psicologia Clinica e di Comunità presso l’Università Europea di Roma. Ho svolto il primo semestre del tirocinio post-laurea magistrale presso l’Istituto per lo Studio delle Psicoterapie (ISP) di Roma. Attualmente sto svolgendo il secondo semestre del tirocinio post-laurea magistrale presso l’ospedale San Raffaele nel reparto di riabilitazione neuropsicologica. Al termine del tirocinio effettuerò l’esame di abilitazione alla professione e continuerò il mio percorso formativo specializzandomi in Psicoterapia.

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