Partire dalla scena del crimine per…

La scena del crimine si presenta come un luogo nel quale è stato agito un illecito. Per chi non mastica di giuridica o di investigazioni basti avere in mente ciò che viene rappresentato nelle fiction televisive. La prima unità narrativa mandata in onda è sempre un delitto già avvenuto, un corpo ritrovato immerso in uno scenario. Per quanto possa sembrare assurdo, un luogo, soprattutto in questo contesto, ci racconta molto della vittima e soprattutto dell’offender. È proprio da lì che iniziano le investigazioni. Quello che può essere rinvenuto (tracce biologiche, staging, pattern ematici, posizione del corpo, armi usate) è molto più eloquente del silenzio di una morte. Qual è l’obiettivo finale? Un identikit personologico di chi ha compiuto il reato, prevedere le sue azioni future (soprattutto nei casi di serial killing) ed infine affidarlo alla giustizia. Può sembrarci assurdo che un defunto possa raccontarci chi l’abbia ucciso. Ebbene, le scoperte scientifiche ci rassicurano su questo.

Il criminal profiling è un processo inferenziale. Parte dal cosa è successo (scena del crimine), prosegue per il perché (motivazione) fino ad arrivare al chi lo ha compiuto (Pinizzotto, & Phinkel, 1990). Per giungere ad un profilo criminologico è necessario il sopralluogo sulla scena del crimine da parte di persone specializzate. Queste attuano la ricostruzione della criminodinamica, formulano delle ipotesi sulla criminogenesi e, poggiandosi su dati scientifici, inferiscono delle ipotesi. Alcune teorie (sebbene non scientifiche) spiegano il percorso da seguire per avere un identikit personologico del colpevole. John Douglas, Holmes e Holmes, Keppel e Walter, Turco e Turvey si sono esposti in merito. Nonostante le opinioni siano diverse tra loro c’è una particolare presa di posizione. Ciò che appare chiaro è la definizione e la differenziazione tra processo induttivo e deduttivo. Appare ovvio l’invito a non lasciarsi trasportare da ipotesi statisticamente valide, ma non corrispondenti ai dati ritrovati sulla scena del crimine.

Cosa è utile nella scena del crimine

La scena del crimine propone alcuni interrogativi ai quali bisogna rispondere. Si tratta delle cosiddette “five W and one H”, cioè when, where, what, who, why, and how (Lucarelli, & Picozzi, 2005). Come è possibile trovare le risposte a questi interrogativi? Qui entrano in gioco diverse competenze. Tra queste: medicina legale, biologia, tossicologia, psicologia, antropologia, criminologia, balistica, bloodstain pattern analysis (BPA). La medicina legale ci aiuta nell’autopsia della vittima. La biologia è utile nello studio di impronte digitali, DNA e qualsiasi altro tipo di traccia biologica. L’antropologia ci può essere utile nell’analisi di eventuali rituali compiuti sulla scena del delitto. La tossicologia ci conferma la presenza di sostanze d’abuso. La balistica ci indirizza verso il movimento di eventuali proiettili. La BPA ci rivela la dinamica del crimine attraverso lo studio di morfologia, quantità, posizione, orientamento e distribuzione delle tracce ematiche (Bruzzone, n.d.).

Risulta quindi essere di fondamentale importanza la tutela della scena del crimine fin dall’inizio delle indagini. Posto che la vittima sia deceduta, è opportuno innanzitutto proteggere la zona, isolandola con il nastro segnaletico. Solo il personale investigativo vi può accedere. Lucarelli e Picozzi (ibidem) ci ricordano la teoria dell’interscambio di Locard (responsabile del laboratorio della polizia scientifica di Lione). Secondo Locard sul criminale possono essere ritrovate tracce della vittima e della scena del crimine, come pure la vittima e il luogo del delitto possono conservare tracce dell’aggressore. D’altra parte la criminologa Roberta Bruzzone in un’intervista ci svela che una prova scientifica non sempre può essere attendibile al 100%. Tutto dipende da come questa è stata acquisita, raccolta, repertata e conservata. La bontà metodologica di questo processo garantisce l’attendibiltà, tuttavia nessun laboratorio è in grado di sanare dei vizi nell’acquisizione (Bruzzone, 2012).

Dalla scena del crimine al profilo criminale

Le informazioni raccolte sulla scena del crimine hanno senso d’essere solo se messe in relazione tra loro. Partendo da queste si giunge, attraverso un’accurata analisi investigativa al movente del delitto ed al profilo criminale. Alcuni fattori in particolare svelano molto su chi ha compiuto l’illecito. In particolare il luogo ed il tempo, le caratteristiche criminali, la carriera criminale e la consapevolezza forense. Inoltre l’autore di reato agisce sempre coerentemente con i suoi bisogni ed assecondando le sue motivazioni. Ne consegue che nulla di ciò che troviamo in loco è lì per caso. È per questo che si auspica una sempre maggiore attenzione e tutela della scena del crimine. Nonostante ciò però non esiste una scientificità nel passaggio tra analisi del luogo del delitto e profilo personologico dell’offender. Abbiamo infatti visto che le teorie sopracitate non si manifestano come scientifiche.

Non è ancora possibile essere così certi dell’attendibilità del profilo criminale derivato dalle prove rilevate sulla scena del crimine (Mokros, & Alison, 2010). È molto difficile generalizzare ed associare un atto compiuto ad una personalità criminale. Sono inoltre da sempre discusse le prove oggettive di validità in questo ambito, dimostratesi manchevoli (Chifflet, 2014). Inoltre la rilevante influenza dell’istinto dell’investigatore molto ci dice sulla mancanza di procedure standard.

I cold case (i casi irrisolti) ci lasciano ancora un po’ perplessi sull’efficienza delle indagini. Tuttavia la personalità di chi lede è unica e imprevedibile, tanto da non poter standardizzare mai il processo investigativo. Nonostante ciò colui che noi chiamiamo colpevole è una persona che deve essere tale al di là di ogni ragionevole dubbio. Sarebbe dunque utile riuscire a raggiungere un’attendibilità di questo processo per sicurezza investigativa, ma soprattutto per onor di giustizia.

Riferimenti bibliografici

Bruzzone, R. (2012). Storie vere. Retrieved January 15, 2019, form https://www.youtube.com/watch?v=WxBkKTog4G0

Bruzzone, R. (n.d.) Bloodstain pattern analysis. In RB Roberta Bruzzone Psicologa Forense e Criminologa Investigativa. Retrieved January 15, 2019, from http://www.robertabruzzone.com/bloodstain-pattern-analysis/

Chifflet, P. (2014). Questioning the validity of criminal profiling: an evidence-based approach. Australian & New Zeland Journal of Criminology, 48, 2, pp. 238-255.

Lucarelli, C, & Picozzi, M. (2005). Scena del crimine. Storie di delitti efferati e di investigazioni scientifiche. Milano, Mondadori.

Mokros, A., & Alison, L. J. (2010). Is offender profiler possible? Testing the predicted homology of crime scene actions and backgound characteristic in a sample of rapist. Legal and Criminological Psychology, 7, 1, pp. 25-43.

Pinizzotto, A. J., & Finkel, N. J. (1990). Criminal personality profiling. An outcome and process study. Law and Human Behavior, 14, 3, pp. 215-233.

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About Author

Mi chiamo Laura Gabellone, e sono una psicologa in formazione: attualmente seguo un master in Psicologia Giuridica per avvicinarmi al mondo della Psicologia Forense. Ho partecipato come volontaria al sostegno di tossicodipendenti presso il Centro di Prima Accoglienza di Villa Maraini. Ho seguito diversi seminari e corsi per migliorare le mie competenze in ambito psicologico affinché io possa fare di questo un lavoro futuro. Ho abbracciato il mondo della musica seguendo il Vecchio Ordinamento del Conservatorio Tito Schipa di Lecce; ora, appassionata di scrittura, collaboro da tirocinante alla rivista di Psicologia Ambientale.

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