La Rivoluzione del concetto di Disabilità: dal termine “handicap” a quello di “disabilità”

La definizione di disabilità è stata proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che, nel 1980, pubblicò la “Classificazione Internazionale delle Menomazioni, delle Disabilità e Handicap (ICIDH) in cui viene fatta appunto la netta distinzione tra Menomazione (perdita o anomalia di strutture o funzioni psicologiche, fisiologiche o anatomiche riportate a seguito di una malattia oppure di un incidente come quella a carico delle capacità intellettive), Disabilità (la perdita o la limitazione della capacità di agire o di compiere attività al livello personale riscontrata nella comunicazione) ed infine l’ Handicap (lo svantaggio sociale vissuto dalla persona a seguito di disabilità o menomazione come quella legata all’ interazione sociale).

 L’ICIDH si fonda dunque su un modello “medico” sequenziale che utilizza il termine di “persona handicappata” per delineare colui che, in seguito ad una malattia, presenta una menomazione che genera disabilità (riduzione delle capacità) che a sua volta determina handicap (esclusione sociale).

Questo modello, a causa del suo basarsi unicamente sui deficit della malattia, è stato sostituito nel 2001 dall’OMS con la “Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute” (ICF) che descrive il funzionamento della persona legato alle sue abilità ancora presenti e sottolinea l’influenza che l’ambiente (sociale, familiare, lavorativo) ha sullo stato di salute della persona. L’ICF delinea dunque il funzionamento in due grandi macrocategorie:

 1 – Funzionamento e Disabilità: si divide a sua volta in Strutture e Funzioni Corporee (organi e strutture anatomiche con le funzioni ad esse associate come il sistema nervoso e dunque le funzioni mentali) ed Attività e Partecipazione (le capacità del soggetto di fare un determinato compito e il coinvolgimento di esso nell’ambiente circostante in una determinata situazione come l’apprendimento, la comunicazione).

 2 – Fattori Contestuali: si dividono in Fattori Ambientali (l’ambiente fisico e sociale) e in Fattori Personali (sesso, razza, stile di vita). I fattori ambientali possono infatti avere un’influenza positiva o negativa sia sulle funzioni e le strutture del corpo sia sulle attività e la partecipazione.

 L’ICF dunque può esser definito un modello biopsicosociale in cui il funzionamento è il risultato dell’interazione tra le condizioni fisiche (salute) e i fattori contestuali (ambiente).

Si passa dunque dal termine “persona handicappata”, sottolineato dall’ICIDH, a “persona con disabilità”, ovvero colei che ha uno svantaggio nel partecipare alla vita sociale a causa di un ambiente sfavorevole. Avviene dunque una vera e propria rivoluzione nel concetto di disabilità in cui si tiene conto per la prima volta dei fattori ambientali descrivendo la disabilità appunto come una condizione di salute causata da un ambiente non idoneo.

 Origini e caratteristiche dell’Ortoterapia

 Con il termine Horticultural Therapy o Ortoterapia si intende quel processo terapeutico e riabilitativo che utilizza il contatto con la terra e la natura per raggiungere un maggior grado di autonomia, migliorare lo stato di salute, la qualità della vita e il benessere psicologico, sociale e fisico della persona.

Questo approccio è particolarmente indicato per tutti quegli individui che presentano disabilità fisica o psichica, disagio sociale (marginalità e svantaggio), per i malati di Alzheimer e per chi soffre di depressione ed ansia.

L’Ortoterapia nasce intorno al 1600 in Inghilterra quando a dei pazienti, che per la povertà non erano in grado di pagare l’ospedale per le cure ricevute, gli venne chiesto di prendersi cura del giardino dell’ospedale durante il ricovero. Alcuni medici, con grande stupore, notarono che il lavoro nel giardino non pesava minimamente ai malati e che essi guarivano molto più rapidamente rispetto ai pazienti ricchi che potevano permettersi l’ospedalizzazione. A causa della poca rilevanza data all’ evento, questa pratica venne apparentemente dimenticata fino a quando nell’ Inghilterra del dopoguerra, alcuni reduci feriti fisicamente e con problemi psicologici a seguito del conflitto, riacquisirono la salute, le capacità motorie e la stabilità mentale tramite il contatto con la natura.

Oggi l’Ortoterapia è un approccio che si sta diffondendo in Europa mentre negli Stati Uniti viene praticata da circa 40 anni; in Italia purtroppo non è ancora così diffusa poiché vi è una mancanza di riconoscimento ufficiale e di percorsi formativi specifici.

L’Ortoterapia si svolge prevalentemente all’aria aperta in cui si possono svolgere tutte quelle attività legate alla semina o alla preparazione della terra che stimolano l’olfatto, la vista, il tatto e l’udito creando un ambiente creativo che porta serenità alla persona. Attraverso l’attività di semina, il lavoro nella serra, la raccolta dei fiori o dei frutti infatti, la persona con disabilità sperimenta benefici importanti sul corpo e sulla mente grazie al contatto diretto e alla partecipazione attiva con la natura.

 Un elemento fondamentale è che l’orto deve adeguarsi al livello di impedimento che comporta la disabilità adattandosi cosi ai bisogni fisici e psicologici della persona; è’ essenziale dunque modificare alcuni aspetti dell’ambiente in modo da renderlo personalizzato e il più possibile su misura per la persona.

Prendiamo come punto di riferimento una persona con disabilità motoria che è costretta su di una seria a rotelle. L’ impedimento potrebbe essere il non potersi abbassare per poter coltivare o prendere oggetti e attrezzi da terra; l’importanza di un ambiente strutturato, in tale situazione, consiste dunque nell’agevolare la persona nelle attività mettendo per esempio cassette o vasi riempiti di terra su di un tavolo in modo da potersi avvicinare facilmente con la sedia a rotelle e dunque svolgere l’attività come gli altri membri del gruppo.

Tutto ciò, oltre a dare l’opportunità di poter trascorrere del tempo libero all’aria aperta a contatto con la natura, favorisce la partecipazione attiva e la cooperazione con gli altri membri del gruppo.

L’ortoterapia dunque cerca di far superare gli effetti della disabilità attraverso un ambiente stimolante e strutturato in cui le numerose attività svolte all’aria aperta e con il gruppo portano benefici importanti nella persona oltre a farle raggiungere il più alto grado di autonomia possibile.

I Benefici dell’Ortoterapia nella Disabilità

 L’Ortoterapia, essendo un metodo terapeutico e riabilitativo, apporta numerosi benefici dal punto di vista fisico, sociale e psicologico alla persona con disabilità, non solo a livello individuale ma anche relazionale. I benefici dell’ortoterapia interessano diverse aree. Fra queste la Sfera Fisica per ciò che concerne seminare, dedicarsi alla cura delle piante e raccogliere frutti stimolano il movimento, la coordinazione occhio- mano e aiutano nel dosaggio della forza; in tal modo la persona con disabilità ha maggiore opportunità di poter sviluppare la propria psicomotricità compiendo attività motorie.

La Sfera Cognitiva, quindi il dover ricordare il nome di alcune piante, imparare nozioni sulla semina o l’utilizzo di strumenti di lavoro manuale aumentano la capacità di apprendimento oltre a stimolare la memoria, la concentrazione, l’attenzione, la capacità di svolgere un compito nella giusta sequenza e le capacità logiche.

La Sfera Emotiva, ovvero il contatto con la terra e con la natura riducono lo stress, i comportamenti aggressivi, l’affaticamento mentale oltre che combattere la depressione. La Sfera Affettiva: il verde e l’aria aperta infondono un senso di rilassamento e di quiete portando ad una riduzione dell’ansia. Inoltre, stabilendo un contatto con la terra e la natura in uno spazio verde, vi è un rafforzamento dell’autostima e della fiducia poiché dal suo impegno nel far crescere una pianta o coltivare un terreno trae successivamente soddisfazione nel vedere i risultati delle sue azioni (ortaggi o frutti nati).

La Socializzazione: spesso le persone disabili provano solitudine e isolamento; possono soffrire di depressione, bassa autostima e scarsa fiducia in sé stessi soprattutto quando vivono in un ambiente limitato come un istituto. La coltivazione della terra stimola le capacità affettive (il paziente si prende cura delle piante), aiuta a migliorare l’autonomia e facilita la socializzazione e le relazioni sociali. Inoltre il gruppo stimola un senso di responsabilità dovuto sia all’importanza del prendersi cura di un altro organismo vivente sia al dover raggiungere un fine comune toccando con mano, insieme al gruppo, il risultato del loro lavoro.

La Percezione di se stessi, infatti la conoscenza di nozioni legate al mondo della natura e le abilità apprese nel corso delle attività di ortoterapia, portano la persona disabile a riconoscere le proprie capacità e a sviluppare o rafforzare una percezione positiva di se stesso come persona capace; ritrova dunque le abilità e le competenze che la portano ad allontanare l’idea di se stessa come persona portatrice unicamente di un deficit.

L’ortoterapia dunque può essere considerata uno strumento riabilitativo in grado di migliorare il benessere psicofisico e, grazie al contatto diretto con la natura, dar voce alla persona aiutandola a “combattere” la disabilità nelle sue più svariate forme, dalle più lievi alle più invalidanti.

Riferimenti Bibliografici

 http://www.ethossrl.it/files/Quadernocinque.pdf

http://www.anffasvarese.it/doc/ICF-OMS.pdf

http://www.sanraffaele.it/comunicazione/SRpedia/11828/l-ortoterapia-nei-giardini-terapeutici

http://www.htsa.ch/?Ortoterapia

https://www.coltivarefacile.it/001105_ortoterapia-vantaggi-e-benefici.html

http://www.monzaflora.it/it-IT/schede-tecniche/ortoterapia/ortoterapia-l-opinione-dello-psichiatra

https://www.lavorincasa.it/orto-per-disabili

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About Author

Ho conseguito la Laurea Triennale in “Scienze e tecniche psicologiche” presso la Libera Università Maria Santissima Assunta di Roma (LUMSA) e in seguito ho ottenuto la Laurea Magistrale presso la stessa università, laureandomi in “Psicologia clinica del ciclo di vita”. Attualmente sto svolgendo il primo semestre di tirocinio post-laurea presso l’ Istituto per lo Studio delle Psicoterapie di Roma (ISP). Al termine del tirocinio annuale effettuerò l'esame di abilitazione alla professione per poi continuare il mio percorso formativo sia nell'ambito dell'Arteterapia e delle tecniche espressive, che nell'ambito della psicoterapia.

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