La società moderna

Più di 100 anni fa i nostri nonni e bisnonni pensavano al 2000 come al millennio dei cambiamenti, della sicurezza, del massimo boom economico, della massima espansione della politica e della persona. Oggi guardando il mondo da un occhio esterno, come una grande telecamera, non sembra cosi. Viviamo in una società frenetica, superficiale dove il Sé, il vero Sé si è lentamente sgretolato, e oltre ai media, a internet, alla velocità della vita che contribuisce a questo annullamento, questo è accentuato dai disastri ambientali causati dall’uomo e non, che stanno colpendo il mondo e anche il nostro paese. Questo comporta, inevitabilmente, ad un cambiamento della società, più ansia, stress, meno attenzione al momento e al qui ed ora, infatti l’ansia e lo stress sono geneticamente intrinseche nella natura dell’uomo ma per cause e fattori molteplici, quali ambiente, contesto, problematiche di natura relazionale, possono incidere e alterare la personalità e quindi incidere su diversi ambiti della vita di un individuo: lavoro, relazioni personali, affettive eccetera.

Tornando indietro con la mente, penso che questa “aurea nera” che ha avvolto un po’ la nostra mente e la nostra vita si sia abbattuta su di noi italiani dal 2009, dove un terremoto di magnitudo 6,1 della scala Richter è riuscito a far crollare oltre che a case, scuole, chiese ed edifici anche la vita e i sogni di tante persone e studenti che davano vita a quella città. Arriviamo poi al terremoto dell’Emilia Romagna, al terremoto di Amatrice e dopo esse comincia la “psicosi”, d’altronde giustificata, del crollo dei ponti. Tutti eventi che si sono susseguiti inarrestabilmente come una cascata e il suo flusso incessante d’acqua. In pochi mesi ne sono venuti giù uno dietro l’altro, come le foglie che cadono dall’albero, fino a che quest’albero non è stato abbattuto con il crollo del ponte di Genova poco più di un mese fa.

Gli effetti psicologici sulla popolazione e le conseguenze

Eventi di natura, completamente differenti tra loro, a partire dalle cause che sono nelle prime ambientali e geofisiche e nelle seconde scatenate da errori e “distrazioni” umane ma che hanno un unico comune denominatore tra di loro: la paura, l’insicurezza e la solitudine che hanno lasciato nella popolazione che l’ha vissuta in prima persona e nel resto della popolazione nazionale. Questi eventi cosi violenti, pesanti, con conseguenze a lungo termine sulle città interessate, hanno anche provocato effetti psicologici e mentali importanti che si dividono in due grandi sfere: gli effetti immediati e quelli a lungo termine. Facciamo un piccolo focus. Tra gli le risposte automatiche mentali e psicologici abbiamo: attacchi di panico, insonnia, depersonalizzazione che nel DSM-5 (APA, 2014) troviamo più sommariamente come disturbo acuto da stress. Perché gli effetti sono cosi devastanti?  Lo sono perché è un evento cosi inaspettato e imprevedibile causato dalla nostra terra, di cui abbiamo un’immagine calda e accogliente che in quei pochi attimi ci fa ricordare di poter essere brutale. Questo genera in noi tutti e in chi l’ha vissuto, sentimenti di ansia e angoscia che difficilmente, in poco tempo, andranno via. La stessa ansia e angoscia possiamo ritrovarla anche a seguito dei crolli dei ponti avvenuti in Italia in questi anni. La paura di essere nell’attimo sbagliato, nel posto sbagliato che ha portato la morte di vite umane in maniera completamente ingiustificata. L’evento però è causato da errori umani, nostri simili che avevano il compito di proteggerci, mettere in sicurezza la nostra vita ma non l’hanno fatto, portandoci ad una fobia generale che ci coglie dal più piccolo al più grande spostamento.

Oltre a questa fobia vorrei parlare del lutto che le persone stanno vivendo anche ora. Sappiamo, attraverso la descrizione della psichiatra E. Ross (1969) che il lutto si sviluppa e si risolve attraverso il passaggio di quattro fasi: fase di negazione, fase della ricerca della persona morta, fase della rabbia e depressione e in ultimo la fase del ritorno alla vita nomale con obiettivi e prospettive. Il lutto irrisolto, perché non elaborato può essere altamente invalidante per chi lo vive e per le persone circostanti. Si posso presentare pensieri ossessivi legati alla morte e agli incidenti, viaggi, malattia etc., che possono far parte di un disturbo post-traumatico da stress sviluppato anche dopo 6 mesi dalla perdita; ci possono essere somatizzazioni che si manifestano tramite mal di testa, gastriti, difficoltà di digestione etc. Certo le cose sono ben diverse tra di loro, ma la sensazione che le accomuna è la stessa, l’essere impotenti, inermi davanti a situazioni più grandi di noi. Il crollo del ponte di Genova con i suoi 43 morti è uno dei “terremoti” più grandi causati dall’essere umano degli ultimi decenni.

Come affrontare questi eventi tempestivamente affinché non diventino patologici e radicati in noi?

Chiaro è che si deve intervenire rapidamente poiché si possono sviluppare disturbi che possono ledere seriamente la tranquillità e la vita della persona in oggetto. Ci sono varie psicoterapie che possono aiutarci, una tra queste è la psicologia breve strategica. Il modello è stato formulato da Paul Watzlawick ed evoluto da Giorgio Nardone, oltre ad essere empiricamente e scientificamente validato (Watzlawick, Nardone, 1997) nell’arco di oltre 25 anni, ha portato alla formulazione di protocolli evoluti di terapia breve, composti di tecniche innovative costruite ad hoc per sbloccare le particolari tipologie di persistenza proprie delle più importanti patologie psichiche e comportamentali. Una delle peculiarità che distinguono la terapia breve strategica dalle forme tradizionali di psicoterapia è che permette di sviluppare interventi basati su obiettivi prestabiliti e sulle caratteristiche specifiche del problema in questione, anziché su teorie rigide e precostituite.

Inoltre ogni tipo di patologia è concepita non come una malattia biologica da guarire, bensì un equilibrio disfunzionale da trasformare in funzionale. Questa disfunzionalità è sorretta da una dinamica che si autoalimenta, e non sulla base di determinate caratteristiche biologiche, né sospinta da oscure pulsioni annidate dall’inconscio e nemmeno come semplice frutto di apprendimenti sbagliati, bensì quale effetto dell’esasperazione e dell’irrigidimento di strategie adattive che si trasformano in disadattive, ovvero «tentate soluzioni» dimostratesi efficaci rispetto a determinati situazioni problematiche, che si convertono in ciò che mantiene e complica il problema anziché risolverlo. Ma proprio perché all’inizio funzionano, queste soluzioni costituiscono il fondamento della reiterata applicazione, sino all’effettiva costruzione della patologia. Pertanto l’intervento terapeutico sarà rappresentato da manovre in grado di interrompere tali controproducenti circoli viziosi. Affinché queste manovre siano efficaci, dovranno essere mirate a sovvertire la logica interna al problema riorientandola verso la sua soluzione.

Riferimenti bibliografici

American Psychiatric Association (2014). Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta editione. DSM-5. Milano: Raffaello Cortina Editore

Ross (1969). On death and dying. New York: The Macmillan Company

Watzlawick, G. Nardone (1997). Terapia Breve Strategica. Milano: Raffaello Cortina Editore

http://www.centroditerapiastrategica.com/

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About Author

Ho conseguito la laurea triennale in “Scienze Psicologiche Applicate” presso l’Università dell’Aquila;nella medesima Università ho ottenuto la laurea Magistrale in Psicologia Applicata, Clinica e della Salute. Attualmente sto svolgendo il primo semestre del tirocinio post-laurea presso l’ Istituto per lo Studio delle Psicoterapie di Roma (ISP). Al termine del tirocinio annuale effettuerò l'esame di abilitazione alla professione per poi continuare il mio percorso formativo approfondendo l’ambito della clinica e della psicologia giuridica, abbracciando anche l'ambito della psicoterapia.

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