Uno sguardo all’anoressia nervosa

L’anoressia nervosa è un disturbo del comportamento alimentare caratterizzato da rifiuto del cibo, paura di ingrassare, distorsione dell’immagine corporea.

Oltre a manifestare un comportamento volto al controllo del peso corporeo attraverso il digiuno, l’eccessivo esercizio fisico, l’uso improprio di lassativi e il vomito autoindotto, il soggetto anoressico presenta alcuni specifici sintomi:

  • Bassi livelli di autostima: il valore della persona è correlato alla capacità di quest’ultima di controllare il proprio peso;
  • L’organizzazione dei pensieri si riduce: la mente del soggetto è offuscata e totalmente invasa dalla preoccupazione per il cibo e le calorie;
  • Alessitimia: difficoltà a riconoscere e comunicare le proprie emozioni.

I sintomi fisici dell’anoressia nervosa sono causati dal dimagrimento eccessivo ed includono: amenorrea, osteoporosi, ritardi della crescita, debolezza muscolare, problemi ai reni, riduzione della temperatura corporea, unghie fragili, disfunzioni ormonali.

Secondo il DSM-5 ci sono tre principali criteri diagnostici:

  • Magrezza estrema e rifiuto di mantenere il proprio peso al di sopra di una soglia minima ritenuta normale,
  • Intensa paura di ingrassare,
  • Anomalia nel modo in cui si percepisce la forma del corpo. L’immagine corporea influenza eccessivamente i livelli di autostima del soggetto.

L’influenza dell’ambiente sullo sviluppo del disturbo

L’insorgenza di uno specifico disturbo è determinata dall’insieme di più cause scatenanti che concorrono tra loro nel rendere la persona più o meno vulnerabile.

Prendono il nome di “fattori di rischio” tutte quelle condizioni la cui presenza aumenta la possibilità di contrarre un determinato disturbo (Cuzzularo, 2004). Al contrario, i “fattori di protezione” rappresentano delle condizioni che sono statisticamente significative nella prevenzione della patogenesi di una malattia.

Principalmente, i fattori di rischio e di protezione si dividono in:

  • Ambientali: legati all’ambiente in cui si vive;
  • Genetici: influenza genetica;
  • Psicosociali: legati al carattere e alla psicologia dell’individuo.

Per quanto riguarda lo sviluppo dell’anoressia nervosa, pare che il primo fattore di rischio ambientale sia legato al clima familiare. Sono maggiormente vulnerabili i giovani che vivono all’interno di una famiglia con organizzazione rigida, aspetti di dipendenza, evitamento dei conflitti e in cui si manifesta un investimento sull’apparenza e sul raggiungimento dei risultati.

In questo tipo di famiglia ciò che conta di più è il successo, dunque sono presi poco in considerazione i bisogni autentici dell’adolescente. Inoltre, si riscontra un invischiamento relazionale, per cui gli spazi personali vengono invasi dai familiari (Cuzzularo, 2004).

Un altro fattore di rischio ambientale consiste nel vivere in un contesto in cui viene esaltato l’ideale di magrezza eccessiva. Nelle società occidentali, infatti, la magrezza costituisce un valore fondamentale da perseguire. L’interiorizzazione dell’ideale di magrezza può causare una profonda insoddisfazione per il proprio corpo, per cui il soggetto ha maggiori probabilità di cadere nella trappola dell’anoressia. (Costantino, Giorgini, Petrucci, 2017).

Merita una riflessione il fatto che la maggior parte dei disturbi del comportamento alimentare, in particolare l’anoressia nervosa, si verifica nei paesi industrializzati, mentre nei paesi dove il cibo è scarso i DCA sono piuttosto rari. Allo stesso modo è interessante osservare che sono soggetti maggiormente a rischio coloro che emigrano da nazioni povere verso quelle più benestanti (Cuzzularo, 2004).

In una società che diventa sempre più tecnologica e all’avanguardia, anche il navigare nel mondo del web costituisce un grosso fattore di rischio, soprattutto per le persone che hanno già una predisposizione genetica a sviluppare il disturbo. E’ in larga crescita il fenomeno assurdo e scandaloso dei “siti pro-ana”: blog e forum in cui le ragazze parlano del loro rapporto malato con il cibo, descrivendolo non come un problema ma come un vero e proprio stile di vita. Le persone che fanno parte di queste chat multimediali si danno consigli a vicenda, incitandosi a non mangiare e formando un vero e proprio gruppo compatto e coeso. Le ragazzine che cadono nella trappola di questi blog ascoltano i consigli delle anoressiche e si allontanano dai propri amici e parenti, avvicinandosi sempre di più all’ autodistruzione.

I siti pro-ana fanno leva sulla sofferenza e sulle debolezze del soggetto, per spingere quest’ultimo in una spirale di morte.

I fattori ambientali di protezione: quale prevenzione?

La letteratura ha sempre sottolineato l’importanza di un attaccamento sicuro come fattore di protezione. Giocano, dunque, un ruolo importante le relazioni positive con il contesto familiare. Occorrono genitori formati ad assolvere il difficile compito di educatori, istituzioni scolastiche propositive e creative e soprattutto occorre una vera attenzione rivolta alle nuove generazioni.

La prevenzione si può attuare a qualunque età e in ogni contesto, ma sarà più efficace se attuata nella prima infanzia, puntando in particolar modo su educazione emotiva, assertività, educazione alimentare e sport di squadra (Angelo Spataro, pediatra responsabile della segreteria “Salute Mentale” dell’ACP).

L’obiettivo delle strategie attive di prevenzione è quello di intercettare, attraverso programmi integrati e sempre più precoci, possibili fattori di rischio e di protezione. In particolare, maggiore attenzione dovrebbe essere dedicata alle prime fasi dello sviluppo, soprattutto fra i 2-5 anni di vita del bambino, periodo spesso caratterizzato da un rifiuto alimentare verso cibi. Si tratta di una fase normale, nella quale prevalgono antichi meccanismi di protezione, assieme alla presa di coscienza della propria esistenza. Tuttavia, in contesti ad alto rischio patologico, questi rifiuti, a volte anche molto violenti, possono causare nei genitori preoccupazione, ansia, sfiducia e senso di colpa per la loro incapacità di alimentare adeguatamente il proprio figlio, gettando le basi per lo sviluppo di quelle forme di anoressia, bulimia e binge eating, che si potrebbero manifestare più avanti nell’adolescenza. (Stefania Sinesi, psicologa e psicoterapeuta).

Programmi di prevenzione possono essere attuati anche nell’ambiente scolastico. Siccome nel caso dei disturbi alimentari possono entrare in gioco anche meccanismi di imitazione e identificazione, proprio perché spesso queste malattie sono idealizzate, bisognerebbe diffidare dai programmi preventivi che si basano esclusivamente sull’informazione relativa a tali disturbi. Al contrario, interventi che stimolino la discussione e lo sviluppo di un maggior senso critico nei confronti dei messaggi dei mass-media possono essere utili (Stefania Sinesi, psicologa e psicoterapeuta).

Tale tipo di intervento non si occupa esclusivamente di anoressia e bulimia, ma spazia più ampiamente sui diversi problemi adolescenziali e si occupa eventualmente di modificare nozioni e convinzioni sbagliate che spesso sono radicate negli adolescenti.

Conclusioni

Nell’ambiente in cui l’individuo vive possono esserci molti fattori che, sommati ad una predisposizione genetica e a determinate caratteristiche di personalità, possono contribuire all’insorgenza dell’anoressia nervosa. Allo stesso modo, determinati elementi ambientali proteggono l’individuo dalla comparsa del disturbo, fungendo da fattori di prevenzione dello stesso.

Bibliografia

Costantino, L., Giorgini, L., Petrucci, M. (2017). Anoressia: le patologie del comportamento alimentare. L’asino d’oro.

Cuzzolaro, M. (2004). Anoressie e Bulimie. Troppo o troppo poco: un’epidemia dei nostri tempi. Bologna: Il Mulino.

www.stateofmind.it

www.barillacfn.com

www.acp.it

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About Author

Dottoressa in psicologia clinica. Mi sono diplomata al liceo scientifico Leonardo da Vinci di Vallo della Lucania. Ho conseguito la laurea magistrale in PSicologia clinica l'8 marzo 2018 presso l'università Lumsa di Roma. Attualmente sto svolengo il mio tirocinio post-laurea presso l' istituto per lo studio delle psicoterapie (ISP) di Roma. Ho intenzione di effettuare l' esame di abilitazione e di proseguire il mio percorso specializzandomi in psicoterapia.

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