Due giorni fa mi trovavo ad Amatrice per un’iniziativa di supporto psicologico gratuito per gli abitanti del posto. É stata un’esperienza ricca di emozioni contrastanti: da una parte mi sentivo felice perché ero lì insieme ad una professionista e rappresentavo un punto di riferimento per tutti coloro che non ne hanno più uno, ma dall’altra parte la tristezza era predominante; sentirsi piccoli in un contesto di sofferenza di proporzioni indescrivibili, il senso di inadeguatezza che ci induce a interrogarci su quante volte ci perdiamo in chiacchiere inutili e infinite discussioni per nulla, quando poi basta un minuto per distruggere tutte le nostre certezze e con esse le speranze e i sacrifici di quanti hanno lavorato sodo per conquistare un minimo di benessere e in un batter d’occhio si sono visti portare via tutto. Consiglio a tutti voi che state leggendo questo articolo di vivere un’esperienza formativa come quella che ho vissuto io due giorni fa. Gli abitanti di Amatrice camminano, spaesati, lungo le strade con uno sguardo vuoto ma che in realtà esprime tutto il loro dolore, un dolore che potrebbe avere degli effetti psicologici dal quale è difficile riprendersi.
Affronterò in questo articolo gli effetti psicologici dei disastri ambientali facendo particolare riferimento al terremoto di Amatrice.

La psiche umana di fronte alla catastrofe

Per antonomasia la casa, le mura, il tetto, sono gli emblemi della protezione e della sicurezza, il nostro nido dal quale è difficile staccarsi. Quando interviene una catastrofe a distruggere il nostro nido sotto gli occhi, anche la psiche ne risente, tutta la sua architettura precipita e l’Io ne esce altrettanto squarciato quanto le rovine del terremoto. Provate per un attimo a immaginare la vostra casa, nella quale siete cresciuti, distrutta da un terremoto o da un qualsiasi disastro ambientale e concentratevi sulle vostre sensazioni interiori, sulle vostre emozioni.

Sembrerà strano ma le conseguenze materiali del terremoto si associano facilmente alle conseguenze psichiche: le macerie, le case polverizzate o le crepe sugli edifici hanno moltissime similitudini con le distruzioni e le crepe che si creano all’interno di chi subisce i danni di un evento catastrofico. Non basta fermarsi alla distruzione di case o di un paese intero ma i terremoti producono qualcosa di più profondo, di destabilizzante, legato all’identità delle persone, alle certezze di una vita e alla quotidianità che di colpo viene interrotta, frantumata, distrutta. Nella maggior parte dei casi sono le perdite affettive e materiali insieme allo sgretolamento della sicurezza e del proprio futuro a far sviluppare il trauma in chi viene colpito direttamente.

L’unica differenza tra conseguenze materiali e psichiche è che le prime è possibile quantificarle, le seconde no: l’elaborazione di un trauma di tale violenza è un processo di complessità differente a seconda della persona colpita e della perdita che ha subito. Di certo, l’esposizione ad un episodio violento, catastrofico e traumatico nel quale hanno perso la vita centinaia di persone tra cui i propri familiari, compromette le fondamenta dell’equilibrio psicologico e può determinare crolli emotivi intensi o disturbi che si verificano anche molto tempo dopo il verificarsi dell’evento.

Diverse sono le conseguenze psicologiche per le vittime di catastrofi naturali, ad esempio a livello fisiologico possono esserci una serie di effetti legati all’esposizione cronica di stress, quali modificazioni dei livelli ormonali (cortisolo e catecolamine, nelle donne anche gli estrogeni), alterazioni del sonno e, nel lungo termine, variazioni cardiovascolari associate a un maggior rischio di sviluppare ipertensione, tachicardia e talvolta infarto del miocardio.

Dagli effetti ai disturbi psicologici

Gli effetti psicologici del terremoto vengono raggruppati nella “sindrome post traumatica”, termine che compare all’epoca della Seconda Guerra Mondiale (Kardiner, 1941, 4-15). La sindrome più facilmente conosciuta con il nome di Disturbo da Stress Post Traumatico (PTSD) è stata inserita nel manuale diagnostico dell’American Psychiatric Association (DSM) nel 1980, ma già nella letteratura del Novecento è stata descritta con dizioni differenti (es. nevrosi da guerra, cuore del soldato, shock post-traumatico), per indicare una patologia che insorge acutamente in conseguenza dell’esposizione ad eventi stressanti di gravità estrema che mettono a repentaglio la propria o altrui incolumità (Fullerton e Ursano, 2001, 44-48).

Successivamente all’evento catastrofico, le sensazioni più comuni sono quelle di smarrimento, irrealtà, ottundimento; sensazioni normali e fisiologiche che prendono il nome di Disturbo Acuto da Stress, caratterizzato negli adulti da:

• Sperimentazione di una paura molto intensa e persistente;
• Sensazione di sentirsi continuamente inermi ed impotenti;
• Sperimentazione di sentimenti di orrore.

Tali reazioni, nei bambini, si presentano sotto forma di comportamenti ansiosi e disorganizzati, a volte aggressivi.

In questa prima fase di sperimentazione di forte stress e paura, transitoria e non patologica, i soggetti colpiti provano ad elaborare quanto vissuto, adattandosi ad una nuova condizione. L’adattamento ad una nuova condizione rappresenta un percorso e allo stesso tempo un obiettivo degli individui: talvolta c’è chi riesce a raggiungere l’obiettivo spontaneamente, altri, invece, devono essere incoraggiati e supportati da professionisti (Fullerton et al., 2001).

La situazione diventa più grave nel momento in cui si verifica una cronicizzazione della paura che conduce il soggetto, vittima di disastro ambientale, allo sviluppo del Disturbo da Stress Post Traumatico (PTSD); la sintomatologia del PTSD, si registra a partire dal secondo o terzo mese successivo al trauma. Il disturbo è caratterizzato dalla continua intrusione nella coscienza di ricordi dolorosi a cui segue una forte attivazione dell’arousal con relativi tentativi di impedire il riaffiorare dei ricordi attraverso strategie di evitamento attivo e passivo. Le persone con PTSD rimangono incastrati nei ricordi dolorosi, incapaci di viversi il presente.

Sappiamo benissimo che ognuno di noi reagisce a modo suo ad un evento traumatico, ma è possibile individuare una serie di sintomi principali:

– Riesperienza intrusiva: i ricordi dell’evento traumatico possono essere altamente intrusivi, ripetitivi, sempre uguali e possono esprimersi in forma di flashback, incubi, riattualizzazioni interpersonali, sensazioni somatiche, stati affettivi e/o temi di vita pervasivi (van der Kolk et al., 2004, 319-344), indipendentemente dalla volontà delle persone.

– Iperreattività autonoma: le persone sopravvissute ai terremoti attivano risposte fisiologiche condizionate a reagire agli stimoli evocatori del trauma con la reattività autonoma dell’emergenza, mettendo in allerta l’organismo.

– Ottundimento della sensibilità: i soggetti traumatizzati sembrano impiegare le loro energie per evitare le sensazioni interne che provocano stress, affrontando l’ambiente con ritiro ed ottundimento emotivo (in forma di depressione, anedonia, mancanza di motivazione, reazioni psicosomatiche, stati dissociativi).

– Reazioni emotive intense: le persone che hanno vissuto l’esperienza del sisma, perdono la capacità di regolare gli affetti e provano intense sensazioni di paura, ansia, rabbia e panico, anche di fronte a stimoli di lieve entità. Possono svilupparsi facilmente disturbi del sonno e/o difficoltà di concentrazione.

– Reazioni emotive intense: le persone che hanno vissuto l’esperienza del sisma, perdono la capacità di regolare gli affetti e provano intense sensazioni di paura, ansia, rabbia e panico, anche di fronte a stimoli di lieve entità. Possono svilupparsi facilmente disturbi del sonno e/o difficoltà di concentrazione.

– Disturbi della memoria e dissociazione: da una parte può presentarsi l’ipermnesia dell’evento traumatico che, come ricordo intrusivo si ripete nel tempo. Dall’altra parte possono comparire invece sindromi amnesiche relative all’ evento traumatico, parziali o complete. La dissociazione in questo caso è “capacità psicologica” (Reddeman, 2006, 58-63) usata per fronteggiare l’intolleranza dell’evento. Putman (1989, 413-429) scrive che i bambini esposti a traumi gravi e/o prolungati possono organizzare interi tratti di personalità per far fronte alle esperienze traumatiche.

– Reazioni psicosomatiche: molte persone esperiscono lo stress causato dall’esposizione a catastrofi ed eventi traumatici (ansia, arousal elevato, rabbia) a livello fisico e non come stato psicologico (Saxe et al., 1994, 581). Questa modalità di reazione prende il nome di alessitimia: l’ incapacità di identificare, articolare e tradurre le sensazioni somatiche in sentimenti elementari quali rabbia o paura. Secondo Krystal, (1978, 81-116) e Pennebaker (1993, 539-548) proprio l’ansia “cronica” e l’ottundimento emotivo possono ostacolare la capacità di riconoscere gli stati emotivi interni.

Possiamo concludere con una frase di Cagnoni (2009, 48) che esprime perfettamente la sensazione di chi è vittima di Disturbo da Stress Post Traumatico:

“Da quel momento in avanti ci saranno nella tua vita un “prima” e un “dopo”. Prima” che capitasse questo evento probabilmente credevi che il mondo fosse giusto e che tutto avesse un significato. “Dopo”, di colpo, senti di non avere più il controllo della tua vita e di ciò che capita intorno a te. Ti senti vulnerabile e il tuo mondo non è più sicuro. È difficile dare un senso a quello che verrà: il significato della vita che era presente solo pochi attimi prima non c’è più, nulla è più giusto né equo”

Riferimenti bibliografici

Kardiner, A. (1941). The traumatic neuroses of war. National Academies.

McCARROLL, J. E., Ursano, R. J., Fullerton, C. S., Liu, X., & Lundy, A. (2001). Effects of exposure to death in a war mortuary on posttraumatic stress disorder symptoms of intrusion and avoidance. The Journal of nervous and mental disease, 189(1), 44-48.

Van der Kolk, B. A. (2004). Psychobiology of posttraumatic stress disorder. Textbook of biological psychiatry, 319-344.

Reddemann, L. (2014). Würde und traumatische Trauer. Leidfaden, 3(1), 58-63.

Putnam, F. W. (1989). Pierre Janet and modern views of dissociation. Journal of Traumatic Stress, 2(4), 413-429.

Saxe, J. M., Ledgerwood, A. M., Lucas, C. E., & Lucas, W. F. (1994). Lower esophageal sphincter dysfunction precludes safe gastric feeding after head injury. The Journal of trauma, 37(4), 581-4.

Krystal, H. (1978). Trauma and affects. The psychoanalytic study of the child, 33(1), 81-116.

Pennebaker, J. W. (1993). Putting stress into words: Health, linguistic, and therapeutic implications. Behaviour research and therapy, 31(6), 539-548.

Cagnoni, F., & Milanese, R. (2009). Cambiare il passato: superare le esperienze traumatiche con la terapia strategica. Ponte alle Grazie, Firenze.

http://180gradi.org/2016/10/18/una-nuova-normalita-reazioni-psicologiche-al-terremoto/

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About Author

Sono Dott.ssa in Psicologia Clinica. Ho conseguito recentemente la Laurea Magistrale in Psicologia Clinica e di Comunità presso l’Università Europea di Roma. Ho svolto il primo semestre del tirocinio post-laurea magistrale presso l’Istituto per lo Studio delle Psicoterapie (ISP) di Roma. Attualmente sto svolgendo il secondo semestre del tirocinio post-laurea magistrale presso l’ospedale San Raffaele nel reparto di riabilitazione neuropsicologica. Al termine del tirocinio effettuerò l’esame di abilitazione alla professione e continuerò il mio percorso formativo specializzandomi in Psicoterapia.

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