Il periodo compreso tra i sei e i dodici anni è spesso considerato come “l’età d’oro” dell’infanzia. I bambini sono paragonati, sin dai primi anni di vita, ad una spugna poiché riescono ad “assorbire”, e quindi ad apprendere, tutte le informazioni che ricevono dall’esterno.

Trascorrono gran parte del loro tempo a scuola, ma tra tutte le attività che si trovano a svolgere, non devono abbandonare una componente fondamentale che ha caratterizzato la loro infanzia, ovvero il gioco.

Il “gioco con regole” affascina i bambini di questa età che si divertono ad esprimersi e a creare regole che definiscano se stessi e gli altri.

I giochi più praticati e più conosciuti sono acchiapparella e nascondino, attraverso cui sviluppano anche alcune abilità importanti come la corsa, l’arrampicata e attitudini come l’intuito.

Parten (1932) ha affermato che quando si analizza il gioco sociale del bambino è importante notare:

  • La vicinanza del bambino rispetto agli altri bambini presenti.
  • L’attenzione che il bambino rivolge ai suoi compagni durante il gioco.

La Play Observation Scale.

Sulla base di tale riflessioni è stata creata una scala per la misurazione dei comportamenti di gioco. Anzitutto, la prima osservazione da fare è valutare con chi tende a giocare il bambino. Esistono tre categorie per quanto riguarda il Social Play:

  • Solitary Play: il bambino gioca ad una distanza maggiore di un metro dagli atri bambini; usa oggetti e giocattoli differenti da quelli utilizzati dai suoi compagni, è concentrato sulla sua attività e mostra scarso interesse per quello che fanno gli altri.
  • Parallel Play: il bambino gioca sempre in modo indipendente, ma spesso l’attività che svolge lo porta ad avvicinarsi agli altri; mostra attenzione per le attività svolte dai compagni e gioca con giocattoli simili a quelli usati dagli altri bambini. In pratica, tende a giocare accanto agli altri ma non partecipa con loro.
  • Group Play: il bambino gioca con gli altri, utilizzano le stesse regole, gli stessi oggetti e hanno sicuramente uno scopo e un obiettivo comuni.

Per codificare il livello di gioco cognitivo di una data attività svolta dal bambino, l’osservatore deve prima capire le intenzione, o la finalità, del bambino mentre si impegna in una determinata mansione.

Sono stati individuati sei tipi di gioco cognitivo:

  • Functional Play: queste attività vengono svolte semplicemente per il piacere della sensazione fisica che creano; il bambino, solitamente, è impegnato in attività motorie semplici, come ad esempio saltare, ballare, cantare, correre, senza però avere uno scopo o un obiettivo.
  • Constructive Play: rientrano in questa categoria tutte quelle attività di manipolazione degli oggetti, finalizzate alla costruzione e alla creazione di qualcosa.

Ad esempio martellare sulla plastilina per creare un oggetto.

  • Exploration: il bambino è impegnato in attività di esplorazione, si concentra su un oggetto al fine di ottenerne delle informazioni, ascolta un rumore per capire da dove proviene.
  • Dramatic Play: appartengono a questa categoria tutti i giochi di simulazione in cui il bambino può fingere di essere qualcun altro o è impegnato in un’attività in cui fa finta di fare qualcosa (versare acqua finta in una tazzina e fare finta di bere), oppure tutti quei giochi che danno vita ad un oggetto inanimato come bambole e peluche.
  • Games with Rules: troviamo i tanto diffusi giochi con regole, dove il bambino accetta le regole prestabilite, si adatta e controlla che anche gli altri le rispettino.

Infine, i bambini possono avere anche dei comportamenti di non gioco. Anche questi sono stati così classificati:

  • Unoccupied Behaviors: il bambino non sa cosa fare e non è occupato a svolgere nessuna attività. Possiamo trovare due tipi di unoccupied behaviors: il primo è quello in cui il bambino perso con lo sguardo fisso nel vuoto, il secondo invece vede il bambino vagare senza uno scopo specifico e disinteressato alle attività che accadono intorno a lui.
  • Onlooker Behavior: il bambino osserva e guarda le attività che svolgono i compagni ma senza farsi coinvolgere e senza parteciparne.
  • Transition: questa fase riguarda la creazione di una nuova attività o di spostamento da un’attività all’altra. Per esempio il bambino che attraversa la stanza per andare a prendere un bicchiere d’acqua per iniziare un nuovo gioco o un bimbo che all’interno di un ambiente ricerca un oggetto che può servigli per iniziare un gioco.
  • Active Conversatiton: il bambino coinvolto in questa attività svolge una conversazione attiva, dove dall’altra parte vi è un interlocutore che fa delle domande e da delle risposte.
  • Aggression: in questo gruppo rientrano tutte quelle attività fisiche come strattonamenti, spinte, calci, che non hanno però scopi ludici.
  • Rough and trumble: i bambini sono impegnati per esempio in una battaglia giocosa oppure fanno una corsa senza un reale motivo.
  • Anxious behaviors: sono i cosiddetti comportamenti ansiosi come mangiarsi le unghie, lamentarsi e piangere.

La ricerca.

Una ricerca condotta nel 2016 in una scuola romana, ha utilizzato tale scala per verificare in che modo l’ambiente e in particolare gli spazi verdi influenzano il gioco dei bambini in età scolare.

L’ipotesi principale era che il gioco, all’interno degli spazi verdi, favoriva la socializzazione e le attività motorie libere, mentre gli spazi costruiti erano utilizzati per praticare giochi con regole.

L’analisi dei dati ha dato risultati sorprendenti, si è visto che la socializzazione avviene a prescindere dall’ambiente in cui i bambini svolgono la ricreazione. All’interno dell’ambiente costruito i bambini svolgevano giochi con regole, ma anche giochi funzionali senza uno scopo ben preciso.

Il numero di bambini che svolgeva giochi con regole era alto anche all’interno dell’ambiente naturale, ma il dato sorprendente riguarda il numero di bambini inoccupati nell’ambiente naturale. L’ipotesi è che l’ambiente naturale ha un effetto di distensione totale sul bambino, così egli preferisce godersi tali benefici, piuttosto che impegnarsi in attività di gioco.

In ogni caso, l’ambiente in generale, influenza il gioco dei bambini, ma dalla ricerca è emerso che non vi sono particolari differenze tra l’ambiente costruito e quello naturale. Un dato che però non bisogna escludere è che l’ambiente costruito in cui i bambini hanno trascorso la ricreazione, era comunque ubicato all’interno di uno spazio naturale, quindi si potrebbe ipotizzare che in ogni caso i bambini hanno subito l’influenza della natura, che come sappiamo, in genere, ha effetti positivi sull’individuo.

 

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About Author

Laureata in Servizio Sociale, con tesi sperimentale in Psicologia Ambientale. Attualmente iscritta alla specialistica di Scienze e Politiche Sociali, ho a cuore il benessere delle persone e in particolare dei bambini. I miei principali interessi scientifici sono rivolti alla comprensione dei processi psicologici che si instaurano tra le persone, in particolare i bambini e gli ambienti, o luoghi, di vita quotidiana (l’ambiente scolastico in primis) e valutare come tali processi influenzano positivamente o negativamente il benessere psicologico dell’individuo.

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