Ognuno di noi, nella quotidianità, mette in atto determinati comportamenti in base alla situazione e al contesto con il quale entra in contatto.

Pensiamo ad esempio quando vogliamo fare una buona impressione e cerchiamo di dire e fare la “cosa giusta” modulando i nostri comportamenti per essere accettati dagli altri oppure quando ci trasferiamo in un’ altra città e passiamo molto tempo con persone dall’accento diverso dal nostro, spesso ci si sente dire che si è persa la cadenza o che se ne è acquisita un po’ di un’altra.

A tal proposito mi viene in mente una frase di Erving Goffman (1959) in cui sottolinea che gli esseri umani sono attori che recitano una parte di volta in volta sempre differente, su palcoscenici diversi e di fronte ad un pubblico sempre diverso, cercando di convincere ogni spettatore di essere il personaggio che stanno interpretando.

Molto spesso quindi quando siamo in presenza di altre persone, in maniera consapevole o meno, tendiamo a modificare il nostro comportamento e di conseguenza la nostra personalità adattandoci, imitando e a volte rispecchiando in tutto e per tutto l’altro.

L’assumere atteggiamenti e caratteristiche della personalità di coloro che interagiscono nell’ambiente sociale, l’indossare i panni di un personaggio che varia continuamente, il cucirsi addosso il suo ruolo sociale e il suo modo di esprimersi ci porta ad introdurre ciò che è conosciuta come la Sindrome da dipendenza ambientale.

Che cosa si intende per Sindrome da Dipendenza Ambientale?

Per Sindrome da Dipendenza Ambientale si fa riferimento a quel nucleo patologico in cui un individuo modifica continuamente la propria identità adeguandosi in tutto e per tutto alle persone e agli oggetti con cui entra in interazione nell’ambiente sociale.

La persona, nel tentativo di interagire, modifica se stesso e la propria vita sulla scia delle richieste dell’ambiente circostante immedesimandosi anche fisicamente nei contesti e nei ruoli sociali più diversi in cui viene a trovarsi.

A tal proposito, nel 1983 il neurologo francese François Lhermitte afferma:

“Non c’è distanza psicologica fra individuo e ambiente. La persona possiede l’ambiente e al tempo stesso ne è posseduta, senza potersi distinguere da esso”.

La persona, quindi, indossa i panni e la personalità di coloro che gli stanno intorno, si identifica con i suoi interlocutori incarnando il ruolo sociale che riveste, ne copia le emozioni, le posture, le espressioni facciali e il linguaggio divenendo totalmente una nuova persona con una diversa identità; in tal modo si adegua alle circostanze, si mimetizza nell’ambiente sociale e diviene parte integrante di esso.

Si passa dunque da un ruolo ad un altro con estrema rapidità ed immediatezza, la stessa con le quali si impossessa dell’identità di un altro lasciando nell’angolino più profondo di se stesso la propria.

L’ Identità in “gabbia”: il ruolo dei lobi frontali

Lhermitte (1983) comprese che la Sindrome da Dipendenza Ambientale è causata da  lesioni o danni celebrali ai lobi frontali, più precisamente alla corteccia prefrontale, in cui avviene una mancata inibizione dei comportamenti di imitazione del soggetto con l’ambiente esterno; in tal modo la persona è privata della propria autonomia personale e della propria spontaneità poiché viene assorbita direttamente dal contesto e dagli stimoli esterni  dai quali non riesce a sottrarsi ma ne diviene completamente dipendente.

Partendo da questo, Lhermitte (1983) individuò due tipi di comportamento dovuti alla mancanza della funzione inibitoria del lobo frontale:

Il Comportamento di Imitazione: la persona tende ad imitare comportamenti, atteggiamenti, gesti ed espressioni verbali di coloro con cui entra in interazione in maniera automatica.

Lhermitte (1983) infatti, con lo scopo di studiare quanto gli stimoli esterni influiscano su persone con lesioni alla corteccia prefrontale, mise in atto una serie di gesti ridicoli e stravaganti di fronte a persone con e senza deficit; notò che i gesti, nelle persone con deficit, non venivano ignorati ma imitati e si sentivano “obbligati” a doverli fare.

–  Il Comportamento di Utilizzazione: la sola vista di un oggetto posto davanti ad una persona, porta la persona stessa ad usarlo in maniera compulsiva.

Lhermitte (1983) ci fornisce una descrizione perfetta del tipo di comportamento messo in atto:

Appena la donna vide aghi, fili e pezzi di stoffa, infilò gli occhiali e iniziò a cucire con abilità. Appena vide una scopa in cucina, si mise a pulire il pavimento; vide dei piatti sporchi nel lavabo e li lavò. Quando vide il letto, rimboccò le coperte ad entrambi i lati”.

Il mondo dunque viene vissuto come un meccanismo perfetto a cui ad un oggetto-stimolo risponde un comportamento automatico e mai spontaneo; la persona è guidata dall’ambiente esterno che ne muove i fili a suo piacimento garantendogli una routine in cui non è artefice delle proprie azioni e della propria vita.

In conclusione possiamo dire che una lesione ai lobi frontali porta la persona a non avere altra scelta se non mettere in atto qualsiasi comportamento che l’ambiente suggerisce, ad imitare i gesti dell’altro a causa della completa immersione in ciascun contesto e ad utilizzarre gli oggetti perchè “obbligato” a farlo.

La persona può cucirsi addosso centomila persone ma nonostante questo non ha la libertà di vestire i panni di quel personaggio principale, unico fra tutti, ovvero se stesso.

Riferimenti bibliografici

Goffman, E. (1969). La vita quotidiana come rappresentazione. Bologna: Il Mulino

Skoyles, J., & Sagan, D. (2003). Il drago nello specchio. L’evoluzione dell’intelligenza umana dal big bang al terzo millennio. Milano: Sironi

Sacks, O. (1998). Un antropologo su Marte. Sette racconti paradossali. Milano: Adelphi

Lhermitte, F. (1983). Utilization behaviour and its relation to lesions of the frontal lobes. Brain.106, 237–255.

https://www.lorenzomagri.it/sindrome-da-dipendenza-ambientale-luomo-camaleonte/

https://it.wikipedia.org/wiki/Sindrome_di_Zelig

https://www.tesionline.it/appunto/952/13/Comportamenti_di_imitazione_e_di_utilizzazione_di_Lhermitte

http://www.lastampa.it/2007/03/23/italia/luomo-che-ruba-la-vita-degli-altri-L73esAYjHcshk8GQqJYF1H/pagina.html

http://www.molecularlab.it/insideneuroscience/?p=17

https://lamenteemeravigliosa.it/effetto-camaleonte-tratta/

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About Author

Ho conseguito la Laurea Triennale in “Scienze e tecniche psicologiche” presso la Libera Università Maria Santissima Assunta di Roma (LUMSA) e in seguito ho ottenuto la Laurea Magistrale presso la stessa università, laureandomi in “Psicologia clinica del ciclo di vita”. Attualmente sto svolgendo il primo semestre di tirocinio post-laurea presso l’ Istituto per lo Studio delle Psicoterapie di Roma (ISP). Al termine del tirocinio annuale effettuerò l'esame di abilitazione alla professione per poi continuare il mio percorso formativo sia nell'ambito dell'Arteterapia e delle tecniche espressive, che nell'ambito della psicoterapia.

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