Recentemente sono partita da sola per un weekend, mossa da un forte desiderio di vivere un’esperienza all’interno di una fattoria; immergermi nella natura e soprattutto vivere a stretto contatto con gli animali. Ammetto che, allontanarmi per qualche attimo dalla prigione cronologica quotidiana, e vivere alla giornata in spazi totalmente liberi, è stato veramente molto rigenerante.

Riscoprire il senso della vita, muovendo i primi passi proprio dal suo luogo di origine: la natura, e relazionarsi ad esseri viventi che vivono nell’istante, dunque totalmente liberi dal tempo, è una condizione fondante per l’auto-realizzazione e per il benessere psico-fisico.

Tuttavia l’idea che l’essere umano, unico essere vivente dotato di intelligenza astratta, possa ritrovare un equilibrio personale nel contatto con esseri viventi incapaci di oltrepassare la conoscenza sensitiva, probabilmente produrrà suoni inizialmente bizzarri per le nostre orecchie, ma di piacevole ascolto in un secondo momento.

Un breve confronto tra essere umano ed essere animale

L’uomo si differenzia dall’animale proprio per il suo non-adattamento. Se noi guardassimo un animale poche ore dopo la sua nascita, risulterà subito evidente la sua specializzazione nei movimenti, tale da offrirgli notevoli vantaggi e adattarlo e fissarlo al suo ambiente; al contrario invece, un bambino, impiegherà più tempo per imparare i movimenti ma la sua non specializzazione gli permetterà una maggiore plasticità (Lucas Lucas, 2007, 173). È proprio la situazione umana di bisogno che lo porterà a trasformare il limite in possibilità, la mancanza di determinismo in libertà e l’insufficienza biologica in azione. A colmare questo vuoto d’istinti, è dunque la sua unica e preziosissima dimensione spirituale che gli permetterà di scegliere e di guidare la propria vita con la ragione; tuttavia uno spirito in nascita o malato, potrà scoprire nel contatto con gli animali, uno strumento fondamentale per imparare a coltivare con consapevolezza tutto ciò che per loro sia immediato, naturale, istintivo.

Origini della Pet Therapy

Negli anni ‘70 Levinson, neuropsichiatra infantile Americano, a seguito di un’esperienza personale con un suo paziente, annunciò e definì il concetto di Pet Therapy, introducendo questa nuova modalità di trattamento. Durante una seduta con un bambino autistico, che manifestava da sempre una totale assenza di socievolezza, Levinson dimenticò di allontanare dalla stanza il suo cane che si diresse verso il bambino per annusarlo e leccarlo; il giovane paziente reagì e seguì il cane nel gioco. Durante le sedute successive  l’incontro e il gioco con il cane erano sempre presenti, e questo diede al neuropsichiatra il via libera per inserirsi nel gioco e instaurare un rapporto con il bambino.

Fu così formulata la teoria della “PET ORIENTED CHILD PSYCHOTHERAPY”, che prevedeva l’identificazione del bambino con l’animale, che diventa per lui un oggetto transizionale (Winnicott, 1971), un veicolo per parlare più facilmente della sua vita e delle sue inquietudini.

Sebbene nel febbraio 2002 sia stata approvata in Italia la normativa sulla Pet Therapy e siano state delineate alcune linee guida, tuttavia queste non sono mai state convertite in un disegno di legge nazionale univocamente riconosciuto.

Definizione e Tipologie d’intervento

La Pet Therapy è “un insieme di pratiche e interventi riferibili al benessere dell’utente, realizzate attraverso il coinvolgimento dell’animale” (Piccinno, 2014, 18).

Gli animali più comunemente usati sono: i cani, i gatti, i cavalli, i conigli e i delfini.

Sono state individuate tre tipologie d’intervento: 

  • Animal Assisted Activities (A.A.A): sono tutte quelle attività  orientate all’integrazione, al sostegno e al benessere dell’utente, ossia attività ricreative o relazionali che mirano a rafforzare le risorse della persona e a migliorarne la qualità di vita. Con questi interventi si assiste ad un aumento di empatia, della capacità di prendersi cura dell’altro, della stimolazione mentale, della socializzazione, ecc. I contesti di applicazione sono molteplici: ospedali pediatrici, carceri, case di riposo(ecc…) e inoltre questo ramo terapeutico non prevede un legame ad una terapia specifica, ma può anche semplicemente accompagnare il trattamento in atto.
  • Animal Assisted Therapy (A.A.T): sono attività di carattere più specificatamente sanitario, orientate a migliorare il funzionamento sociale, emotivo, cognitivo e fisico dell’utente.  Questa modalità di trattamento va a definire il carattere complementare della Pet Therapy, poiché non sostituisce le terapie svolte dal paziente, ma le integra e le sostiene; è parte di veri e propri programmi terapeutici, dunque prevede la strutturazione di un profilo del paziente: data di inizio/fine, frequenza, numero e durata d’intervento.  Le strutture di svolgimento sono di vario genere: istituti riabilitativi, centri diurni per pazienti psichiatrici, case di riposo, ecc.
  • Animal Assisted Education (A.A.E.): sono attività orientate all’aspetto educativo e allo sviluppo, svolte quasi sempre in ambiti scolastici con utenti di età scolare o prescolare. Qui sono inserite tutte quelle attività ludiche, educative e ricreative attuate con l’ausilio di un animale che svolge il ruolo di mediatore tra utente e terapista e agisce da modello comportamentale. Queste mirano inoltre a rafforzare la sfera emotivo-relazionale interna alla diade bambino-animale.

Animali Terapeuti e Pazienti Umani : benefici della Pet Therapy

Negli anni ‘70 sono stati eseguiti due studi fondanti sull’efficacia di questo trattamento:

·       Lo studio condotto dagli psichiatri Corson che applicarono la Pet Therapy su pazienti adulti con patologie psichiatriche e su pazienti anziani ricoverati in strutture geriatriche, rilevò che il rapportarsi senza pregiudizi né distinzioni degli esseri animali, e la loro dipendenza nei confronti degli utenti, stimolasse le loro tendenze naturali di ricevere protezione e cura offrendo con spontaneità attaccamento e fiducia. (Piccinno,2014, 10-11).

·       Lo studio condotto da Katchered e Friedmann che applicarono il trattamento su pazienti cardiopatici, rilevò che gli utenti che entravano in contatto con gli animali avessero maggiori possibilità di sopravvivenza perché diminuiscono la pressione arteriosa e il battito cardiaco (ibidem).

Da qui è emerso che, il contatto con gli animali, riduca il cortisolo e vada ad aumentare l’ossitocina, definito “ormone dell’amore”, per via del ruolo primario che esercita durante il parto e la formazione del legame affettivo tra madre e figlio.

La Pet Therapy stimola e migliora, soprattutto nei bambini: l’interazione sociale, la comunicazione, l’empatia e il riconoscimento dell’alterità,  l’intelligenza emotiva, attraverso un’educazione ad esprimere, regolare e comprendere le emozioni. Infine emerge che, il contatto ravvicinato con un essere animale in fase di riposo o rilassamento, abbia degli effetti positivi sul sistema nervoso autonomo umano; di fatto la persona a seguito dell’associazione tra presenza dell’animale e sensazione di sicurezza svilupperà nei suoi confronti un attaccamento sicuro.

Riferimenti bibliografici 

Piccinno S. (2014), Un mondo di Pet Therapy, Milano: Luigi Trevisini S.r.L.

Lucas Lucas R. (2007), Orizzonte Verticale, Milano: San Paolo ed.

https://www.pettherapyitalia.it

http://www.aiuca.eu/conosci-aiuca/sai-cose-la-pet-therapy/

https://www.huffingtonpost.it/2014/03/25/pet-therapy-animali-benefici-terapie-animali-salute-psiche_n_5027049.html

https://viverepiusani.it/animali-domestici-un-grande-aiuto-per-la-salute/

https://www.naturagiusta.it/benessere/due-cuori-e-una-cuccia/bambini-e-animali-il-contatto-e-troppo-importante-per-la-crescita-di-entrambi/

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About Author

Sono Lilly Cavicchioni; ho recentemente conseguito la laurea Magistrale in Psicologia Clinica e di Comunità presso l’Università Europea di Roma. In passato ho svolto un tirocinio formativo pre-laurea presso l’associazione DAI, Disturbi Alimentari in Istituzione, e al momento sto svolgendo il tirocinio post-laurea presso il Policlinico Agostino Gemelli di Roma, mantenendomi nel settore dei Disturbi Alimentari. Al termine del tirocinio effettuerò l’esame di abilitazione alla professione per poi continuare il mio percorso formativo nell'ambito della psicoterapia, scegliendo una scuola di specializzazione con un approccio Cognitivo Comportamentale.

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