Le teorie ecologiche della criminalità tendono a dimostrare l’esistenza di una relazione tra struttura dell’ambiente urbano e tassi di criminalità. Ogni progetto urbanistico e architettonico, per questo motivo, dovrebbe essere realizzato tenendo conto di tali teorie, in modo da manipolare l’ambiente in funzione del benessere dei cittadini e della loro sicurezza. Il pregio dell’approccio ecologico risiede nell’avere coniugato due mondi tradizionalmente non comunicanti come la criminologia e l’urbanistica, aprendo così nuovi orizzonti per l’elaborazione di politiche che riducano l’incidenza della delinquenza.

Dalla Scuola di Chicago…

La Scuola di Chicago, nella prima metà del 1900, ha realizzato i primi studi sistematici sulla città. Robert Park, importante esponente della Scuola di Chicago, esaminò attraverso i suoi studenti e collaboratori le componenti della città, giungendo alla conclusione che essa potesse essere sezionata in cerchi concentrici, con al centro il quartiere degli affari. La mappatura della città mise in evidenza che l’incidenza dei problemi sociali e della criminalità è inversamente proporzionale alla distanza dal centro (http://www.leggeweb.it/psyche-et-ius/architettura-e-urbanistica-nel-rapporto-con-il-crimine-9448.html).

Dagli esperimenti della Scuola di Chicago, presero avvio altre ricerche, fra le quali quella realizzata da Shaw e McKay. Vennero disegnate altre mappature della città e da esse emerse che il deterioramento fisico dell’ambiente urbano era collegato ad aree con alti tassi di delinquenza giovanile e criminalità adulta, nonché da alti tassi di inadempienza scolastica.

Brantingham P.L. e Brantingham P.J. si occuparono della “Crime Pattern Theory”, cioè della “Teoria del comportamento spaziale criminale”, considerata una sorta di prosecuzione delle ricerche precedenti. Quello che emerse dalla ricerca fu che la maggior parte dei crimini aveva luogo nei quartieri residenziali, caratterizzati da strade ampie e lunghe, che permettevano ai criminali di fuggire o di rifugiarsi in qualunque luogo (http://samples.jbpub.com/9780763755751/55751_CH03_097_148.pdf ).

Questa importante rilevazione, fornì agli autori la possibilità di dare alcuni suggerimenti sulle possibili progettazioni urbane dei quartieri per minimizzare la dimensione dei loro confini e per ridurre l’incidenza della criminalità. La proposta fu quella di realizzare una città con una struttura “a mosaico”, fatta quindi di vie che penetrano in dei vicoli ciechi, diminuendo così le opportunità criminali.

… Alla Teoria dello Spazio Difendibile

Da queste importanti considerazioni, Newman elaborò la “Teoria dello Spazio Difendibile”, ribadendo la stretta connessione esistente fra spazio urbano e criminalità. Ad esempio, la possibilità che determinati crimini vengano commessi aumenta considerevolmente, secondo l’autore, in presenza di edifici con un’entrata nascosta, in aree scarsamente illuminate, all’interno di cortili e giardini non visibili. Al riguardo, perciò, Newman affermò che uno strumento di prevenzione può essere quello di progettare strategicamente la città, massimizzando lo spazio difendibile da parte della comunità dei residenti: la costruzione di edifici con entrate ed uscite ben visibili, la riduzione delle zone male illuminate, la collocazione di giardini o cortili in prossimità di vie non isolate, la suddivisione della città in aree di minore estensione più facilmente controllabili (http://www.exeo.it/articoli/crime_prevention_through_environmental_design_cpted_five_oaks_clason_point_yonkers_oscar_newman_abitazioni_popolari_defensible_space_territorialita_architetto_villette_schiera_criminalita_sicurezza_roccari).

Anche l’immagine degli edifici deve risultare curata. È quanto affermato dalla “Teoria delle finestre rotte”, o “Broken windows theory”, di Wilson e Kelling: se in un edificio sono presenti dei vetri rotti e non vengono riparati, i vandali potrebbero sentirsi legittimati a romperne altri, fino a danneggiare l’intero edificio. Questo accade non perché quel quartiere sia malfamato o invaso dai vandali, ma perché le finestre rotte sono l’indice del fatto che nessuno dei residenti è stato disposto a “difendere” il proprio quartiere ed i beni situati in esso.

La diffusione di questi segni accrescerebbe, secondo la teoria, il numero dei crimini commessi, poiché i criminali potrebbero supporre che i residenti di quel determinato quartiere non siano capaci di controllare le situazioni di degrado, oppure sarebbero indifferenti a questa condizione (http://win.tuttocasarano.it/articoli/LA%20TEORIA%20DELLE%20FINESTRE%20ROTTE.pdf ).

Conclusione

Come abbiamo visto, la prevenzione delle occasioni criminose, pone l’accento sui cambiamenti dell’ambiente e sul modo in cui questi ultimi possono essere gestiti nel tentativo di ridurre l’opportunità che i reati possano essere messi in atto, facendo riferimento soprattutto alle circostanze che li favoriscono. Le ricerche sopra citate, si focalizzano sull’ambiente in cui i crimini sono realizzati piuttosto che su coloro i quali possano aver commesso atti delinquenziali. In tal modo si tenta di prevenire il crimine prima che si verifichi, anziché individuarne i soggetti e prescrivergli sanzioni, facendo in modo di renderlo meno allettante.

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About Author

Sono nata a Roma il 15/11/1992 e ho conseguito la Laurea Magistrale in Psicologia Clinica e di Comunità presso l'Università Pontificia Salesiana, dove lavoro anche come assistente. Sono una Psicologa Clinica, Esperta in Dipendenze, iscritta alla Scuola di Psicoterapia ad Approccio Strategico Breve (ISP).

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