Psicologia e ristorazione

Ogni tanto, molte persone amano dedicare del tempo andando a cena fuori, interrompendo la routine quotidiana della cucina in casa.

Il ristorante in sé racchiude numerose dinamiche della vita di ogni essere umano: dall’amore per la cucina di chi prepara i piatti, dal faticoso lavoro in sala per servire egregiamente la clientela, dalle cene di lavoro come ospiti, alle cene romantiche organizzate per una serata perfetta.

La scelta del ristornate non è poi così semplice; si cerca sempre di trovare il ristorante migliore per organizzare eventi importanti e fare cene formali, o si trova il cosiddetto ristorante “di fiducia” su cui contare le volte in cui in casa non si ha la voglia di preparare, o si vuole semplicemente uscire.

Di conseguenza, ad oggi non si guarda più solo l’aspetto economico di un locale, ma si tiene conto di una molteplicità di fattori che, oltre ad includere l’inevitabile aspetto economico, include anche aspetti psicologici.

Il cliente molto spesso sceglie di cenare in un determinato ristorante basando la sua valutazione al primo colpo; il locale deve piacere a colpo d’occhio, il suo design interiore ed esteriore deve fare centro quasi sempre anche indipendentemente da come si mangia. La prima cosa che si nota, infatti, è l’allestimento e subito dopo la stesura del menù.

Il cliente, poi, si affida ad un ristorante anche in base all’interazione che ha con il personale di sala. Successivamente si valuta il cibo e la qualità dello stesso.

In un contesto del genere, un ruolo fondamentale è ricoperto dai colori. Sembrerà strano, ma i colori influenzano moltissimo le scelte che l’uomo mette in atto, ripercuotendosi anche sulla scelta del ristorante.

Per colui che lavora nella ristorazione, la scelta del colore deve essere studiata in ogni minimo dettaglio, dai piatti alle posate, dai tovaglioli ai bicchieri, al fine di attirare quanta più clientela possibile.

È proprio sulla scelta dei colori nei ristoranti che due studiosi, i fratelli Fehrman, hanno incentrato la loro carriera. I due hanno coniato il termine di “Weasel Colors” per indicare i colori che influenzano inconsciamente le nostre scelte, tra cui:

  1. Rosso, giallo, marrone e arancione elicitano il nostro appetito
  2. La sete è stimolata unendo due colori che danno l’impressione di secco e liquido: un esempio è il rosso della Coca Cola e Blu della Pepsi.
  3. Viola, Oro, Rosso Vinaccio rappresentano prestigio e raffinatezza, tipici dei ristoranti di alto livello

I due hanno anche dimostrato che i piatti colorati su base bianca sono quelli più apprezzati dai clienti poiché mettono in risalto il cibo che contengono al loro interno. È la base stessa a far esaltare il prodotto.

Oltre ad avere un impatto sulla vista, i colori stimolano anche l’olfatto ed il gusto: l’arancione ricorda i gusti dolci, il blu scuro ed il violaceo si associano ad un gusto amaro, il grigio/verde al salato.

Il cliente, si sa, è molto esigente nella scelta del ristorante e nella qualità del servizio che viene lui offerto, in primis l’interazione con il personale del locale: fondamentale è la prima impressione, la quale successivamente si trasforma in un breve rapporto di fiducia tra cliente e professionista.

Una volta creata una buona impressione, il cliente stesso sarà in grado di farsi suggerire i piatti migliori da chi lavora nel posto, garantendosi così un’ottima cena.

Sono poche ma essenziali le regole che un ottimo ristoratore dovrebbe far mettere in pratica ai propri dipendenti: innanzitutto molto importante – se non fondamentale – è il saluto di benvenuto una volta che si entra nel locale ed essere poi accompagnati al proprio tavolo prenotato. È importante che durante l’ora della cena il cliente non si senta abbandonato dal personale, di conseguenza è necessario saper scegliere i giusti momenti di pausa per presentarsi al tavolo e chiedere discreti pareri sull’andamento della serata.

Creare un rapporto umano è la base per far sì che il cliente, una volta entrato nel locale, si senta a casa e pronto per ritornarci una seconda volta.

La scelta del Menù: classico o elaborato?

 Il menù è un punto cardine quando si entra in un ristorante, il primo elemento che si valuta quando si decide di andare a cena fuori. Si valuta subito se esso è troppo ricco, poco sostanzioso, illeggibile, grammaticalmente scorretto…

Secondo la “psicologia del consumatore”, il primo punto del menù sul quale il cliente si concentra è la parte centrale, seguita dall’angolo a destra e poi quello a sinistra. Questa parte viene chiamata “triangolo d’oro”, parte del menù in cui dovrebbero essere scritti i piatti più costosi.

I clienti non amano menù troppo ricchi, poiché questo potrebbe condizionare troppo la loro scelta, rimanendo incerti fino al momento dell’ordine. Secondo lo studioso Donald J. Smith, un cliente dovrebbe impiegare una media di 108 secondi per scegliere il piatto da consumare successivamente.

Egli, inoltre, elabora anche il menù engineering, sviluppato in 4 fasi:

  1. Analisi dei costi: il cliente cerca sempre di calcolare il costo medio delle portate.
  2. Categorizzazione: categorizzare gli elementi del menù permette di mettere a confronto i piatti in base al gusto del pubblico.
  3. Design: bisogna posizionare gli elementi del menù in maniera corretta, dedicando attenzione anche agli spazi, alla grafica ed al gergo linguistico scelto.
  4. Test: tutto ciò che è stato elaborato, deve passare sotto la scelta definitiva del cliente.

Un menù ben fatto deve essere ricco di informazioni necessarie per il cliente al fine di sapere quale sarà e come sarà composto il piatto che andrà a scegliere, senza mettere a dura prova la sua vista, ovviamente.

Inoltre, è importante anche il tessuto stesso del menù: un materiale più ricercato lascia intendere che si tratta di un ristorante di classe, ben attrezzato e ben curato, mentre di solito i fogli plastificati sono propri dei fast-food. Ad oggi sembra anche essersi diffuso il tablet, tipico dei ristoranti giapponesi all you can eat, semplici e pratici da utilizzare per il cliente.

Per ultimo, ma non meno importante: le foto dei piatti pronti sembra non essere un elemento molto gradito: danno l’idea di una paninoteca e, se non dovessero rappresentare il vero, per il cliente sarebbe veramente una grande delusione.

Bibliografia

 Riefoli, M. (2016). Il rapporto mente-cibo. La guida più completa sui meccanismi mentali in relazione all’alimentazione dal concepimento alla vecchiaia. Roma: Armando Editore.

https://www.focus.it/comportamento/psicologia/la-psicologia-del-menu-cosa-ci-spinge-a-ordinare-al-ristorante

http://www.quickrestaurant.it/psicologia-e-ristorazione-i-segreti-nella-scelta-di-un-ristorante/

http://www.stile.it/2017/06/04/arredare-un-ristorante-consigli-id-153256/

https://hungryformilano.com/2018/03/25/la-psicologia-del-menu-ristorante-5-modi-per-orientare-il-cliente/

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About Author

Frequento il secondo anno di triennale presso la Lumsa. Attualmente sto frequentando un tirocinio volontario presso l’ISP. Il mio obiettivo è quello di specializzarmi in Psicologia Giuridica nell’ambito del penale.

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